Logo

Poesie di Alberto Gallotti

Casa di riposo di via Panigarola
Anche se ormai
Cappella di Fossarmato
Quel sorriso che piange
Ma forse un giorno
Anche oggi agosto ci propone
Com'è antico
Ma già ti stai inoltrando
Quella mano
La camelia che oggi
S. Giuseppe
Tante stoppie rimaste
Quasi nulla è cambiato
Domenica delle Palme
Ti ho preso di nascosto
Luna Park delle Varesine
Case dello IACP
1ª Domenica d'Avvento
Con quel rosso cammeo
Ti incontro finalmente
Quest'occhiata inattesa
Questa luna che cerca
S. Stefano
Non cambiare ti prego
Via del Sarto
Non porterò un fiore
Non tornerò
Quello che tra noi
Nascondi come puoi
l'emozione che rimasta sempre uguale
con l'impeto di un tempo ancora ti pervade
e vorrebbe prorompere
in un lampo continuo di gesti e di parole
per ottenere sempre gli sguardi e l'attenzione,
nascondi se ti riesce
il continuo desiderio di tornare
nel sentiero affollato d'ogni giorno
e riuscire per un po' a dimenticare
tante ore aggrappate
alla fila di panchine lungo il viale,
seguendo l'ombra che d'estate
percorre con il sole
la terra senza erba delle aiuole.
Gennaio 1995

Ti ho preso di nascosto una parola
un suono che la voce
aveva ormai dimenticato,
la tengo dentro in tasca
stretta nella mano,
che comportamento ridicolo e strano
stringere qualche lettera
scaldarsi ad ogni sillaba,
e nemmeno mi accorgo
che ciò che veramente accade
si svolge ormai molto lontano
dove anche un ricordo
neppure può sfiorare
i fatti che ci incalzano ogni giorno,
per questo io continuo
a stringer forse l'illusione
dentro la mia mano
Giugno 1995

Rimani, anche se ormai
l'emozione lontana ti lascia indifferente
ma stasera di nuovo la nuvola distende
una striscia sottile sopra il cielo
e frastaglia la luce
in raggi che piovono sul viale
scintillano sui camion fermi a scaricare,
quanti sprazzi di episodi abbandonati
su un sentiero che non ha più nessun nome
una mano che saluta dietro a un finestrino
un gesto che cancella
per un attimo anche il sole,
come il buio che oggi tarda ad arrivare
perché il vento ha ripulito tutto il cielo.
Settembre 1995

Le luci che intervallano i colori
d'un immaginario arcobaleno
dipingono di sprazzi variegati
le macchine che girano
su di una piattaforma dall'ibrido disegno,
ed effettivamente riescono a far credere
al ragazzo seduto con un volante in mano
di essere da solo a pilotare
il giro che obbedisce invece ad un congegno
perché anche lui
non vuole veramente separare
ciò che può sempre sembrare
dal concretarsi poi degli effettivi fatti,
con tutti quei bambini che si fermano a guardare
la gondola che oscilla su di un mare
fatto tutto di legno.
Ottobre 1995

Che assurdo parlare
ad una croce di marmo
a un mazzo di fiori di plastica
che aspetta passivo un'idea
per chiedere un ruolo diverso
da quello che svolge ogni giorno
a fianco di un lume di cera,
che assurdo pensare
che sotto la terra bagnata
si possa trovare un motivo
per togliere al tempo il suo gioco,
eppure qui solo mi riesce
di avere un vero ricordo
di tutti quei fatti
che univano ognuno
a un legame ideale
sentire di nuovo
tante vecchie parole
rivivere semplici atti
trovare le antiche emozioni,
son sparse forse dentro al vento
come foglie morte
che sfiorano le pietre sopra la risaia
dove una rana
gracida alla pioggia
che sta per arrivare.
Novembre 1995

Quell'esile giacinto che ci chiede
appena di capire
come accetta se stesso
anche dietro a un'inferriata
perché è soltanto lui che può distinguere
tra il brivido vitale
che spinge ad ogni costo a continuare
e la profonda convinzione di riuscire
ad accendere toni inaspettati di colore
nel grigio del cortile tra le case,
e si rallegra adesso dello sprazzo di sole
che una tenda sbiadita gli concede
quando il vento la solleva
sopra il balcone.
Maggio 1996

Quel sorriso che piange
anche quando ride
perché ha assunto
un inconscio di rassegnazione
e se pure rimuove quest'informe apatia
percepisce che manca ogni prospettiva,
non sapendo nemmeno
se lo sprazzo improvviso di tanta allegria
nasconda poi un fondo di malinconia,
e sembra già sapere che ciò che ascolterà
è solo un pentagramma di volubili suoni
lampi senza tuoni che si spezzano nel cielo
luce compatta intrisa di calore
ma basta un velo d'acqua
che sfuma all'improvviso
in un arcobaleno di colori.
Luglio 1996

Anche oggi c'è un organo che suona
e ci invita, ossessivo,
in un suo artefatto percorso
verso l'elevazione,
ma non dice a nessuno
se c'è un luogo preciso
che fornisca in concreto qualche spiegazione,
e rimane così
onda che si espande in un rapido fluire
energia che si irraggia nella gravitazione,
perdendo ogni ricordo di ciò che prima era,
come pioggia d'agosto
che subito si asciuga col calore
senza mai bagnare l'asfalto sopra il viale
che rincorre se stesso cercando forse
un posto che non sia solo una fine.
Novembre 1996

Ma forse un giorno
in fondo a questa strada silenziosa
di periferia
forse là in fondo
dove finiscono i muri della case
la nebbia un'altra volta
trabocca sopra l'orlo dei fossati
e silenziosa scorre tra le stoppie opache
sull'erba che è rimasta in mezzo ai prati,
percorre esattamente
un ciclo che è rimasto sempre uguale
senza aver bisogno di segnali
per sapere ciò che deve fare,
senza tanto zampillare
di luci colorate sui binari
per dire che sarà presto Natale.
Dicembre 1996

Con quel rosso cammeo
che sul bavero stinto oggi ti concede
un'anomala macchia di colore
e inaspettatamente ti riporta
in un gioco passato di parentesi
quando le strade si aprivano nel sole
ed ogni ramo secco
sembrava diventare un fiore,
e forse puoi così dimenticare
quella coperta nera che là in fondo
continuamente si avvicina
giorno dopo giorno,
anche se adesso
ti devi come sempre trascinare
quando sali
gradino per gradino sulle scale,
ma speri che stasera
nessuno ti venga ad aiutare.
Marzo 1997

Anche oggi agosto ci propone
il suo umido torpore
scivola dai tetti sull'asfalto delle strade
si mescola col caldo dentro alle case,
ed apre questo vuoto
sospeso sotto gli alberi del viale
dove anche noi per una volta tanto
il viso finalmente sollevato
possiamo camminare
e non strisciare lungo i muri
lo sguardo sempre abbassato
per non vedere più negli occhi di chi passa
quello che gli anni hanno ormai lasciato,
un ramo senza foglie
che può solo aspettare
il vento od uno strappo della mano
per diventare legna da bruciare.
Agosto 1997

Ti incontro finalmente
quando sali distratta e indifferente
sul solito vagone della metropolitana
e subito diventi
immagine concreta d'una fantasia
racconto d'una favola lontana,
e non sembra nemmeno
che anche tu possa un giorno scivolare
verso quella soglia
dove discende l'opaca ragnatela
sui lucidi riflessi della giovinezza
si insinua a poco a poco
tra ciò che era veramente
e poi diventa incredulo passato,
solo quel fiore
continua a riproporre intatto il suo colore
ma forse solamente perché è fatto di plastica stampata.
Settembre 1997

Com'è antico
questo secco crepitio
che si sgrana preciso
dentro al vento affilato di novembre,
sono foglie che sciamano dai rami
cospargono di giallo
il traffico che scorre tra le case,
anche oggi una stagione
ripresenta esattamente la sua storia
sotto un cielo che si alterna
sempre uguale
sono queste soltanto
le certezze su cui si può contare
il resto è qualche cosa
che non riesci neppure a ricordare
quando allora ti sembrava
non potesse mai finire,
come un mucchio di foglie
che rimane ancora riparato
ma subito incomincia a diventare fango,
e polvere che secca lungo il viale
quando ci sarà di nuovo il sole
Novembre 1997

Quest'occhiata inattesa
che in un gioco impreciso ci concede
un esiguo momento d'attenzione
e propone di nuovo un mondo d'illusione,
dove sia concesso
aprire finalmente un esile spiraglio
nel groviglio intricato delle circostanze
e trovare uno spazio nel quale sia permesso
dare libero corso al gesto e all'emozione
anche se dopo
trascorso il breve istante tutto sarà dimenticato
come se niente fosse mai accaduto,
una sera soltanto
senza ben capire la ragione
mi afferrerà nel buio una strana commozione
ma poi ricorderò
che su questo divano forse è rimasto
il tiepido calore del tuo braccio
Gennaio 1998

Un bicchiere di the
che ti allungo adesso sopra il comodino
e sfioro a questo modo
con il palmo le tue dita
senza nemmeno poter immaginare
che già ti stai inoltrando
in quell'estremo cammino
dove nessuno ormai
ti può più accompagnare,
e che questo occasionale
tocco della mano
è stato tra di noi l'ultimo rapporto
ancora vagamente umano;
qui è svanito all'improvviso
tutto ciò che esprimeva la tua vita
e occupava tra noi uno spazio preciso
strettamente intrecciato
alle nostre sensazioni più vive
a un percorso concreto di certezze emotive,
ma è rimasto soltanto
in fondo ad un armadio il tuo vestito
con il ciondolo appeso
sopra l'orlo del taschino.
Giugno 1998

Questa luna che cerca
anche stasera
di riuscire finalmente a cancellare
quell'alone romantico che una tradizione
continua come sempre
a volerle attribuire
e si sforza piuttosto di mostrare
il suo vero valore
di luce che illumina e conforta
col suo immobile chiarore
fin dai giorni del buio primordiale,
ma l'immagine tonda
che stanotte ricompare
mentre lenta e senza il minimo rumore
si stacca dall'antenna di un televisore
pensa ancora di scacciare
tante antiche paure
contendendo alla fila di lampade stradali
quell'esitante luce artificiale.
Novembre 1998

Quella mano che in un lampo sottile
allunghi ancora con vaga noncuranza
nel gesto con il quale
come sempre riproponi
questo sterile gioco occasionale,
ma nell'illusa fantastica emozione
diventa all'improvviso
la brezza che si carica di sale
l'onda che luccica sul mare
e allunga spuma e bagliori
la dove l'obliqua sagoma dei pini
sale nel tramonto d'arancione,
ma nell'ombra appiattita
sotto la scogliera senza sole
che rifrange nuvole di spruzzi
con i ritmici colpi della risacca
tutto diventa unicamente
acqua senza forma che si muove.
Dicembre 1998

Anche oggi quello che ci aspetta
non è poi tanto diverso
c'è sempre un'aria gelida e grigiastra
che s'innalza come un muro di sterpaglia
laggiù in fondo dove c'è il cavalcavia
e continua a rimanere
questo strano silenzio artificiale
quasi fosse incollato
ai portoni chiusi delle case,
quante volte
sembra ancora di sentire
quei passi affrettati sulle scale
la porta che si chiude senza rumore,
non c'è nulla di concreto
che possa ritornare
non c'è niente che riesca a rianimare
tante immagini rimaste solo come quadri
appesi ad un muro che scompare,
forse adesso c'è qualcosa
qui di fuori che si muove
e continua a scricchiolare,
è soltanto un pensiero
che non riesce più ad entrare
ma nemmeno può dimenticare.
Gennaio 1999

La camelia che oggi
coi suoi docili fiori
accende all'improvviso un'insolita parentesi
nell'angolo di terra impolverata
tra un mucchio abbandonato di rottami
senza pensare se questo è veramente
il suo contesto naturale
ma cercando soltanto
di dare come sempre
certezze di profumo e di colore
dovunque ci sia vita
che normalmente scorre
e coi suoi modi elementari
vorrebbe perlomeno
riuscire qualche volta a trasformare
la fragile speranza in concreta convinzione,
così continua ancora ad aspettare
di sentire di nuovo sopra le sue foglie
quel tocco forse un po' strano
che un giorno hanno lasciato
le dita sottili di una mano.
Marzo 1999

Non cambiare ti prego
all'improvviso
l'inflessione di sempre alla tua voce
perché un tono così tenue
trasforma le parole
diventano farfalle
che si posano su un fiore,
e non dare neppure
per favore
mentre offri alla luce il tuo profilo
quella gracile piega ad un sorriso
perché schiude una porta
che di solito ci esclude
sembra un lampo
che rischiara tutto il cielo,
come un ramo contorto
che fiorisce da sempre
all'ombra di un balcone
e allunga quando può
tutti i suoi colori
per scorgere d'estate
un angolo di sole.
Settembre 1999

Questo verde che alla fine
d'improvviso stanotte si è svegliato
e lambisce di nuovo
col suo giovane colore
davanzali e balconi delle case,
e ci porta a pensare
a ciò che è sempre stato
lungo il viale che si apre
sulla solita vita come un teatro,
sopra mani
che si allungano a sfiorare
sui ricordi di tanti
che qui sono passati
poi svaniti in qualche modo
dentro al ciclo esistenziale
che percorre ogni giorno
coi suoi ritmi cadenzati
il dedalo complesso delle strade,
si perdono là in fondo
tra prati senza erba ed impolverati
nell'acqua intorbidita dei fossati,
con la carpa che ogni tanto
sale ad abboccare
la larva che così non saprà mai
di essere anche lei
un giorno per davvero nata.
Aprile 2000

Ma cos'è questa strana commozione
che si insinua all'improvviso
e trasforma in un brivido il respiro
mentre il tram si infila come un grido
tra le case che si assiepano sul viale,
sono forse pensieri
appoggiati a un davanzale
che vorrebbero guardare,
sono suoni
che si aspettan di tornare
ad essere parole,
sentimenti che desiderano
poter ancora amare,
ma davvero non c'è nulla
oltre a tanto immaginare
e nemmeno la pioggia
trova adesso sopra i vetri
qualcosa che si possa
ancora cancellare.
Maggio 2000

Tante stoppie rimaste
in un futile scorcio
di vita quasi innaturale
ma piegate docilmente tutte insieme
verso i ritmi scomposti della risacca,
tante stoppie che vorrebbero
in qualche modo ritrovare
un ruolo che sia nuovo
e così giustificare
questo loro permanere totalmente artificiale
tra gli aliti di un'altra
prorompente primavera,
dove un colpo di vento
teso come un grido
scompagina gli spruzzi
che rimbalzano dal mare
diventano festoni di vapore
che risalgono la spiaggia,
per perdere se stessi
cadendo all'improvviso
e diventare solo arida sabbia.
Dicembre 2000

Anche oggi non porterò un fiore
solo un po' di profumo
in un vaso senza colore
ma nemmeno userò tante parole,
voglio solo restare
qui seduto a guardare tra i campi
dove il grano comincia a seccare
e provare di nuovo a cercare
se tra l'erba cresciuta
sulle sponde dei fossi
è rimasto il sentore dei prati
che coi piedi avete un giorno sfiorati
voi che poi chissà dove
vi siete per sempre fermati,
forse sotto la pioggia
che adesso incomincia
di nuovo a scrosciare
mentre il fieno che ancora
si deve tagliare
ondeggia sotto il vento
e sembra il mare.
Maggio 2001

Sulla piazza che sboccia
come un gelido fiore
tra le case che affollano le strade
quasi nulla è cambiato
di quel giorno d'estate
che neppure ricorda di essere nato,
tante aiuole che cercano ancora
di sembrare prato
il binario che corre
dietro al vecchio steccato
e tra i chioschi
di questo confuso mercato
il cauto scivolare d'una filovia,
correvi come sempre
verso la solita fermata
il profilo sottile appena sollevato,
ma di quel breve momento
non ho mai dimenticato
un tuo sguardo improvviso
quasi un guizzo sottile
sfuggito come un brivido
tra le palpebre abbassate
per dirmi forse che da allora
tutto quanto sarebbe presto diventato
una traccia sottile nel passato.
Giugno 2001

Non tornerò
lungo quella strada
che di sera si ferma come trasognata
per scrutare dentro al buio
che allunga lentamente le sue dita
sopra i prati che circondano le aiuole
frastagliate dai colori delle viole,
non tornerò lungo questa strada
che ansiosamente cerca di capire
dove stia quel grillo abbandonato
che lancia di continuo
il suo inutile richiamo
non tornerò
neppure per cercare
ciò che non è stato,
anche se in fondo
dove c'è la solita fermata
mi sembrerà di scorgere
la tua sagoma affrettata
discendere di corsa dalla filovia,
tra i tigli che d'estate
nascondono l'edicola.
Marzo 2002

L'ambulanza che avventa
i suoi striduli suoni
nell'alba silenziosa
di questa periferia
e sembra in qualche modo
che voglia mandare
un suo avvertimento
ai banchetti profusi di ulivi pasquali
lungo le vie,
chissà se vuole
ricordare di nuovo
che nemmeno la croce
col suo sacrificio
ha potuto finora cancellare
dal mondo ogni dolore
ma soltanto indicare un futuro felice
certamente astratto e lontano
lasciato ad un sogno
da cui nessuno è mai tornato,
eppure anche uno spazio
così remoto ed indeterminato
potrebbe forse avere per noi due
un suo particolare significato.
Aprile 2002

Quello che tra noi
avrebbe certamente potuto essere
non sarebbe davvero stato
quel solito percorso
nei ritmi che ricorrono ogni giorno,
ma una pioggia d'estate
che si spruzza sopra il mare
e dove il sole quando ricompare
si trasforma
in barbagli d'arcobaleno
e non riesci più a distinguere
ciò che è acqua
e ciò che è cielo,
ma anche l'erba secca
rimasta sotto la panchina
sarebbe diventata per noi due
il verde che di primavera
fa luccicare i prati
nel buio d'ogni sera.

Ottobre 2002


In distribuzione nelle librerie il nuovo libro di Alberto Gallotti


Esser futuro e passato
Esser futuro e passato si compone di sei racconti introdottti da una poesia di prologo e chiusi da un'altra poesia di epilogo.
I racconti, così come le poesie, hanno un carattere narrativo molto originale, con dati anche autobiografici sia pure romanzati e narrano fasi di vita ed esperienze di personaggi che si muovono dentro immaginari fatti di cronaca ("tante vite con le loro vicende").
Rita la ragazza che luccica, da un innamoramento inaspettato attraverso il susseguirsi di circostanze spesso impreviste si trasforma in una donna impegnata nel sociale. Un semplice lavorante con il suo sorriso ridà la fiducia a un ragazzo umiliato e deriso. Una donna tesa a una maternità a qualsiasi costo scopre, quando ormai è tardi, il sentimento. La ragazza che si è sempre identificata nel suo lavoro diventa soggetto incolpevole, semplice numero di una finanza inumana. Una moglie, apparentemente appagata dalla sua vita famigliare, è travolta da un'inspiegabile attrazione che le fa scoprire la vera sé stessa quasi dimenticata. Un uomo semplice e concreto, vero discendente di una razza contadina, fugge da un matrimonio d'amore, mantenendo intatto nel suo cuore il sogno irrealizzato.
In personalissimo testo binario poesia-narrativa, Alberto Gallotti intende esprimere l'impredivibilità del vivere dentro gli schemi e le abitudini della routine quotidiana e dentro anche l'apparente felicità e il successo professionale. La purezza dei sogni e degli amori giovanili, gli ideali e le illusioni, rivivono con intensità in queste pagine tra le eredità della memoria del passato e gli incerti ma conseguenti sviluppi del fututro, come allude già in partenza il titolo stesso del libro. E' l'assunto delle storie è affidato alle poesie, introduttiva ("non voglio che il buio mi afferri/per far che io incontri me stesso/laggiù nel passato/come un nemico in agguato") e conclusiva (l' immagine "su un pezzo di carta" di un "ulivo/che sempre continua ad esser futuro e passato") nel segno aperto e positivo, nonostante il trascorrere del tempo, di una convinta adesione alla continuità e alla ricchezza della vita.

Due recensioni dell'opera sul sito Literary.it:

Flavia Lepre - Literary.it

Monica Florio - Literary.it
Valid XHTML 1.0!    Valid CSS!
E-mail